Il nodo – nido in un abbraccio
L’ abbraccio è un gesto semplice, immediato, è uno slancio, è riempire e riempirsi il cuore in una stretta.
Perché allora è così difficile talvolta incrociarsi in un abbraccio?
L’ abbraccio ha radici lontane, nella nostra storia biologica e nel nostro sviluppo evolutivo … ci abbraccia già l’utero materno.
Si abbracciano le persone, si abbracciano gli animali. In questo gesto c’è un contenere e un essere contenuti. E’ un atteggiamento protettivo sia in senso emotivo che fisico: ripara dal freddo, produce energia, trasmette calore, vicinanza e condivisione.
Un abbraccio crea uno spazio intimo che coinvolge tutti i sensi: ci fa percepire l’ odore dell’ altro, gli occhi sono a diretto contatto con la zona tra la testa, il collo e le spalle della persona che abbracciamo, possiamo sussurrarci parole a bassa voce e farle arrivare dirette senza interferenze. E’ implicato il tatto e persino il gusto se l’ abbraccio è accompagnato da uno sfioramento delle nostre labbra sulla pelle di chi ci stringe e stringiamo.
E’ un gesto “mutuo”, non c’è distinzione tra chi abbraccia e chi è abbracciato. Si crea fusione, uno dei pochi gesti non complementare tra chi dà e chi riceve.
Permette al nostro cervello di produrre sostanze quali endorfine, che alzano la soglia del piacere e abbassano quella del dolore; stimola produzione di ossitocina, ormone implicato in tante funzioni dell’organismo e che favorisce la risposta para-simpatica di rilassamento inducendo sensazione di protezione, di “involucro e nido”.
L’ abbraccio ci fa “crescere”. In quel piccolo e veloce slancio c’è crescita di sé stessi come “essere sociale”, che riconosce di aver necessità dell’altro, e c’è crescita del rapporto con l’altra metà del “nodo dell’abbraccio”.
Quindi, abbracciamo e lasciamoci abbracciare!
Infrangiamo quella barriera di inutile e nocivo pudore, smascheriamo il nostro riserbo, che altro non è che paura.