GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE LEGATI ALL’EMERGENZA COVID-19 E FUNZIONAMENTI PREGRESSI ALTERATI. L’intervento psicologico di tipo Funzionale
Articolo pubblicato su AIPC (Associazione Italiana Psicoterapia Corporea)
Dallo stress e suoi correlati alla patologia: i rischi dovuti alla paura e all’isolamento sociale.
Una società globalizzata come la nostra, in cui gli scambi hanno assunto rilevanza planetaria, viene
messa a soqquadro da un nemico piccolo, invisibile e sconosciuto.
Questo è uno stress elevato e collettivo dove il timore è quello di soccombere proprio sulla base del
principio della sopravvivenza, la relazionalità, che sembra minacciata e lesa. La reazione più diffusa
è la paura, e anche se di base essa ha funzione protettiva, una paura che tiene alti i livelli di arousal
perde la sua funzione. Questo tempo di coronavirus ha alimentato una “paura a scossa continua”, un
movimento tellurico che produce percezione di vulnerabilità e costituisce la base per una condizione
di ansia e allarme che si cronicizza; condizione che “invita” ad attivare cronicamente il
Funzionamento del Controllo senza poterlo più disattivare, senza poter passare dal controllo sano e
momentaneo a momenti di allentamento, di pausa, di disattivazione.
Tra le conseguenze causate dal coronavirus e dalle misure atte ad arginare i contagi si presume che i
problemi di salute mentale a breve e a lungo termine potrebbero rappresentare un’urgenza anche
peggiore del virus stesso, con molta probabilità assisteremo ad una emergenza psicologica, ad un
virus psicologico.
Gli elementi, le dinamiche, e soprattutto i Funzionamenti interni da considerare da parte nostra,
psicologi, operatori della salute psicofisica sono svariati e aprono svariati scenari.
Come psicoterapeuta Funzionale mi chiedo come poter offrire aiuto: noi lavoriamo sui Funzionamenti
di fondo della persona non solo sul vissuto o sul sintomo ma sulle sue radici e quindi la mia risposta
è quella di “esserci”, come presenza contentiva, tranquillizzante. In prima analisi, quindi, un aiuto
sulla Protezione: perché uno dei Funzionamenti che vacilla è quello dell’Essere tenuti con sfumatura
protettiva. In una condizione di pandemia si attivano paure arcaiche come quella del buio,
dell’estraneo. Come il bambino che teme scenari catastrofici il bisogno di fondo è essere protetti: chi
è questo virus che si nasconde nel buio? Accade che talvolta ha paura anche il genitore ma fornisce
al suo bambino strategie tranquillizzanti, non false, non fantastiche, egli stesso attiva dentro di sè
risorse di protezione, di accudimento che svolgono funzione protettiva per la prole. E così in una
situazione emergenziale, dove il pericolo è strisciante, nella quale è difficile individuare
correttamente cause e predisporne rimedi adeguati, lo psicologo, lo psicoterapeuta deve cercare di
produrre una condizione di maternage protettivo. Per effetto di un perdurare nel tempo di questa
situazione la paura può debordare e divenire patologica, sfociare in ansia, panico e correlati, può
evolvere in paura dell’altro e dar luogo a condotte di isolamento. Gli effetti da deprivazione sociale
prolungata potrebbero generare forme psicopatologiche anche molto serie come il Disturbo da Stress
Post Traumatico.
Dobbiamo inoltre tener conto della complessità dei rapporti tra stress, emozioni e reazioni
immunitarie. Il sistema immunitario umano è particolarmente sensibile a stimoli stressanti di natura
emozionale. Esso, collegato con il snv e il sistema endocrino, ha compiti difensivi ed è anche un
sistema relazionale. Da più riscontri scientifici si è chiarito lo stretto collegamento tra stress cronico
e inefficienza del sistema immunitario e la letteratura clinica è vastissima sul rapporto etiopatogenico
tra stress emozionale e malattia. Lo stress prolungato sensibilizza la risposta dell’asse HPA a IL-1β,
deprime la risposta immunitaria e innalza i livelli plasmatici degli ormoni dello stress (cortisolo, GH,
prolattina). Le risposte infiammatorie contribuiscono al danno cellulare a le citochine
proinfiammatorie, infatti, sono implicate nella genesi delle patologie, anche di depressione e
ansia. Questi cenni evidenziano come sia assolutamente fondamentale intervenire in qualche modo
ad interrompere la risposta infiammatoria. Medicina, psicologia, neuroscienze, hanno chiarito che la
persona è una unità inscindibile e integrata; e questa è la concezione fondante alla base del NeoFunzionalismo.
Oggi si parla di discipline multiple, che cercano di mettere insieme vari punti di vista, come, ad
esempio, la psico-neuro-endocrino-immunologia. Tale tematica viene affrontata dal Neo
Funzionalismo con lo studio dei Sistemi integrati dell’organismo (L. Rispoli); i Sistemi
dell’organismo sono interconnessi e profondamente integrati sin dalla nascita, come dimostrano le
nuove conoscenze sul neonato e anche quelle relative al periodo prenatale, così come gli studi sulle
relazioni mente-corpo non lasciano più spazio a separatismi. A livello operativo ne consegue che il
Neo Funzionalismo agisce con le sue tecniche psicocorporee su tutti i livelli e piani dell’organismo.
La terapia Funzionale utilizza ad esempio la respirazione diaframmatica, nucleo centrale del lavoro
Funzionale, e gli effetti di essa oltre che produrre nell’organismo sensazioni di allentamento del
dolore, di piacevolezza, di benessere, incide positivamente sui neurotrasmettitori ed ormoni. Vengono
inoltre utilizzate tecniche che hanno lo scopo di allentare la muscolatura, che negli stati di paura
diviene cronicamente tesa e così si va ad agire sul Funzionamento del Lasciare, del disattivare
l’allarme e sull’Allentare il controllo.
Carenze e alterazioni dei Funzionamenti di fondo producono disagi e sono alla base di malattie fisiche
e psichiche: si ammala l’intero organismo ed è ciò che ho cercato di osservare e trattare anche in
questa situazione emergenziale.
Distanza sociale: se diventa assuefazione?
Afferma il Neo Funzionalismo con i suoi studi, osservazioni e ricerche che l’individuo nasce con
capacità relazionali disponibili e durante l’infanzia esperisce esperienze basilari di relazione con
l’ambiente; è ovvio, quindi che la matrice profonda dell’essere umano è relazionale. Come
contraddizione alla relazionalità innata e basilare per la vita oggi ci viene prescritto il distanziamento
sociale a causa del covid-19. Stiamo vivendo quindi un paradosso: per continuare ad esistere
dobbiamo fare a meno di ciò che in fondo ci caratterizza.
Un circolo vizioso ci attanaglia: la paura di contrarre il virus e il conseguente distanziamento, queste
sono possibili condizioni di stress cronico, che potrebbero peggiorare le condizioni del nostro sistema
immunitario e renderci più vulnerabili anche allo stesso coronavirus.
L’OMS dichiara la solitudine come malattia del nostro tempo. In linea con questa posizione sono i
risultati di una metanalisi (Holt-Lustand, Smith e Layton 2010), che rivelano come la mancanza di
relazioni sociali sia un fattore di rischio importante sulla mortalità. Studi evidenziano che una
connessione diretta tra solitudine e morte prematura.
O. Winfrey, che si interessa di tendenze e di bisogni, qualche anno fa appoggiò un’iniziativa salutista
che si chiamava “Just say hello”: ti basta salutarmi, dirmi ciao, non ignorarmi, la solitudine si può
sconfiggere anche con due parole scambiate mentre stai in fila alla cassa del supermercato.
Il senso di solitudine stava già diventando un’epidemia prima del tempo di covid-19 con relazioni
sociali che si stanno plasmando ai social, al virtuale, tanto da generare nuove figure di business come
gli influencer. In correlazione si evidenzia lo sviluppo di patologie psicofisiche. Diversi studi PNEI
affermano che uno strumento di cura fondamentale che “disinfiamma” è la relazione tra esseri umani.
Siamo di fronte ad una grande contraddizione e bisogna intervenire sul sistema Sé in maniera
profonda, sui suoi Funzionamenti alla base dei sintomi.
Osservare e intervenire in ottica Funzionale
Quali saranno gli effetti sociali della pandemia? Se la paura portasse ad una abitudine al
distanziamento dagli altri? Esiste il rischio post pandemia che si instauri una maggiore tensione
relazionale, maggiore diffidenza, maggiore preoccupazione su ogni forma di contatto corporeo con
ovvie conseguenze. Come possiamo prospettarci la qualità delle relazioni sociali? Le persone
rinunceranno all’abbraccio o alla mano sulla spalla che produce emozioni e ormoni di benessere, che
ci rende parte di una comunità, che porta sollievo nei momenti di sconforto e che preserva i
Funzionamenti del Contatto, della Condivisione, della Tenerezza e Necessità dell’altro?
Questo microscopico nemico ha il potere di frammentare e sgretolare certezze ed equilibri
probabilmente già precari, reazioni diverse si sviluppano sulla base dello stato dei Funzionamenti di
fondo di ciascun individuo; possono emergere disfunzionamenti già corrotti o collassare quelli già
deteriorati da esperienze infantili. Già lo sviluppo di tecnologie quali app di messaggistica, social e
piattaforme di comunicazioni stavano conducendo ad una distorsione del Funzionamento del
Contatto. Andavamo verso il narcisismo del soddisfacimento dei propri bisogni, già si era rarefatta la
capacità di Condividere, di avvertire la Necessità dell’altro; si avvertiva già la tendenza verso una
dimensione di chiusura, di paura del confronto, il rischio è anche di maggior aggressività. Chiederci
se tutto questo possa esasperarsi è di fondamentale importanza per tentare di prevenire ulteriori
alterazioni di massa, bisogna intervenire su quei Funzionamenti che più facilmente si potrebbero
inquinare ad opera di solitudine e paura.
È facile supporre che chi era già in difficoltà ne risentirà maggiormente. Molto probabilmente le
difficoltà relazionali di chi aveva già carenza al Contatto, alla Condivisione, a fare Alleanza, a sentire
la Necessità dell’altro, a Fidarsi potranno acuirsi, cioè i Funzionamenti che risultavano già carenti
rischiano di diventare ancora più limitati.
Per mettere in atto strategie di aiuto è necessario un’ottica per inquadrare il disagio. A noi psicologi
il compito responsabile di essere in grado di comprendere per fronteggiare non solo l’emergenza ma
più ancora la cronicità.
Il trattamento deve fondarsi sulla base delle radici del malessere, dobbiamo valutare il funzionamento
complessivo non basato né sui sintomi né sui comportamenti, ma sui Funzionamenti, e fornire alle
persone in emergenza esperienze correttive e contenitive.
La terapia è concepita, quindi, come direttiva nel senso che il terapeuta non lascia accadere le cose
casualmente ma se ne assume completa responsabilità e direzionalità, deve sapere esattamente dove
vuole condurre il paziente con l’ausilio di metodi rivolti all’unitarietà della persona, rivolta a tutti i
suoi piani e livelli psicocorporei.
Strategie, modalità e setting di aiuto
In momento di emergenza da Covid-19 ho dovuto utilizzare un nuovo setting, quello on line e
riadattare alcune modalità e tecniche. Anche lavorando on line ho utilizzato sempre direttrici
psicocorporee interconnesse: ad esempio lavorare sui bisogni non staccato dal Funzionamento delle
sensazioni che gioca un ruolo fondamentale. Riportare le persone a sentire i sapori del cibo e del vino
in modo corretto, riattivare il gusto e il disgusto per la loro funzione originaria discoperta, conoscenza
ed evitamento di ciò che è tossico per il corpo, saper riconoscere e distinguere tra la fame, il desiderio
di cibo grasso per motivi di stress, il desiderio di cibo cremoso per gratificazione emotiva, ecc. sono
tutti validi modi per aiutare a chiarire le sensazioni corporee profonde, riattivare processi fisiologici
e sviluppare nuove modalità di contatto con se stessi.
Un’altra direttrice che ho utilizzato è più direttamente collegata al piano delle posture: il nostro corpo
assume posture e attiva movimenti degli arti, del tronco e della testa che sono chiaramente collegati
con l’attivazione delle dinamiche di attacco-fuga o con quelle pro-sociali. Lavorare con tecniche
Funzionali sui movimenti, sul poter allentare le tensioni, con tecniche psicocorporee specifiche,
sgancia queste attivazioni psicocorporee da uno stato elevato di controllo, permette di entrare in
contatto con le percezioni interne più reali che permette di sfruttare anche un profondo biofeedback
nella regolazione delle emozioni (Sistemi interconnessi).
In questo periodo ho formulato un canovaccio di aiuto per rispondere alle esigenze contingenti di
distanziamento e anche adottando la modalità on line ho sempre provato a lavorare su tutti i livelli
psicocorporei dell’organismo. Come primo aiuto alla persona ho cercato di stimolare i suoi nuclei più
sani e adattivi. Quando non si riesce a fronteggiare qualche situazione si può entrare in
uno stato di sfida oppure di impotenza. Evolutivamente, come tutti i mammiferi, siamo inclini alla
scoperta e al gioco, ovvero alla sfida costruttiva e giocosa rispetto ai nostri limiti. L’impotenza
avviene quando le frustrazioni sono eccessive e pervasive. Ho provato ad aiutare la persona a
riscoprire le proprie abilità, evitando valutazioni cognitive fuorvianti e facendo leva su altri piani,
attivare, ad esempio i Funzionamenti di creatività e gioco. In questo modo si riattiva la possibilità
di sviluppare padronanza, quel sano controllo, morbido, quello stato che oscilla tra l’eccitazione e la
calma, tra la sicurezza di poterlo farlo e il piacere di superare il confine.
Andavo, dunque, a valutare alcune capacità che potevano risultare residue o compromesse. Ad
esempio quella di Lasciare, disattivare. L’isolamento forzato (la quarantena) provocava nel soggetto
un senso di agitazione psicomotoria con movimenti agitati, improvvisi e a scatto, bruschi cambi di
posizione, un tipo di respirazione per lo più localizzato nella parte alta del torace? Approfondisco se
la persona già prima avvertiva senso della stanchezza fisiologica, se non era abituato a pause e forse
tende ad accumulare nel proprio sistema psicofisiologico una quantità di adrenalina non utile e non
fruibile per “realizzare azioni” ma nociva per la salute. Valuto se mantiene integra la possibilità di
attraversare l’onda dell’agire/pausa che permette di rigenerarsi, di produrre la giusta adrenalina e di
bilanciarla con endorfine utili al benessere, la cui azione è simile alla morfina e ad altre sostanze
oppiacee aiutano il ciclo sonno-veglia, è un analgesico naturale e pertanto porta ad un innalzamento
della soglia del dolore.
Ho proposto occasioni per mettersi in pausa valutando così se era attiva la capacità dello Stare. Se
valutavo che il Funzionamento della calma era integro lo tenevo attivo con tecniche idonee e lo
utilizzavo come una sorta di ricarica. Suggerivo di prendersi momenti di premura per sé ed ho
proposto tecniche di allentamento o immaginazioni guidate di calma.
Valuto se in questo momento di stress indotto dall’ignoto, dalla mancanza delle solite certezze, dalle
continue informazioni negative, la persona ha la capacità di riorganizzare le strategie e adattarsi alla
situazione con tutti quei Funzionamenti idonei a tal scopo, propongo a tal fine tecniche sulla vitalità
e creatività, tecniche di forza calma e anche di buttare via.
Si presenta anche il problema di fronteggiare la noia, che ha messo molti in difficoltà. Si tratta di
Funzionamenti di vitalità, di sensazioni, di forza calma, di progettare a lungo termine, di aspettare.
Ho cercato di sostenere la persona a gestire l’inquietudine a non lasciarsi andare alla rassegnazione,
portare anche alla riflessione che molti grandi artisti hanno sfruttato questa condizione dell’animo
per creare. Come dice il filosofo Pascal “Niente per l’uomo è insopportabile come l’essere in pieno
riposo, senza passioni, senza svaghi, senza un’occupazione. Egli avverte allora nullità, abbandono,
impotenza, vuoto. E si leveranno dal fondo della sua anima noia, malinconia, afflizione,
disperazione.”
Quindi tentare con il paziente di riaccendere la speranza, buttarsi nel vivere, sentire di essere vivi
perché il rischio di subire tale condizione è anche sviluppare sensi depressivi, implicati i
Funzionamenti di progettare, forza calma e vitalità. Li ho aiutati a tenerli attivi.
Valutare e intervenire sulla Capacità di Aspettare, Funzionamento che risulta carente se la persona
ha perso la calma profonda se non sa Stare, se nella persona in questione è attivato di routine il tasto
del “tutto e subito“. Aspettare è un funzionamento importante, significa anche prendersi il tempo di
pregustare le cose che verranno; il sabato del villaggio mostra come intense sensazioni di benessere
sono vissute nell’attesa, più che nel giorno di festa. Saper aspettare significa che un bacio sarà più
lento e gustoso di tanti bacini da dispensare a chiunque, un abbraccio produrrà tanta e benefica
ossitocina perché si sceglie davvero a chi darlo e da chi riceverlo.
Inoltre fronteggiare ansia, timori, rischio dipende dalla capacità di affidarsi e fidarsi, la base di ogni
rapporto umano e la base di una qualsivoglia spiritualità. Valutavo se la persona avvertiva forti paure
o avvertiva la sensazione di qualcosa / qualcuno che nel creato poteva proteggerlo? Implicato anche
il Funzionamento della Protezione. Se nella nostra infanzia abbiamo fatto scarsa o alterata esperienza
di Protezione spesso ci sentiremo smarriti, se invece abbiamo spesso sperimentato quella voce buona
che ci dice che le ombre sono più grandi delle cose reali le emozioni di partecipazione saranno
coerente con gli accadimenti (congruenza dei piani cognitivo ed emotivo). Nella certezza che
torneranno momenti piacevoli è implicato il Funzionamento della continuità positiva per cui si
mantiene la certezza che dopo l’inverno i fiori sbocceranno. Se la persona ha vissuto esperienze di
continuità e conserva dentro note indelebili di eventi piacevoli queste impronte positive si propagano
lungo tutto il corso della tua vita. Ho lavorato accompagnando con tecniche Funzionali il paziente ai
momenti piacevoli della sua vita, un po’ come la poesia di Leopardi in cui la vecchierella
contemplando il tramonto rivive il piacere della sua giovinezza. Perdendosi un po’ nei dettagli del
ricordo, la vegliarda è immersa nella rimembranza di un’età lieta e felice della vita. Riscontro con i
pazienti che il ricordo ha potenzialità terapeutiche vivificanti e oltre all’utilizzo di tecniche da me
condotte, mi è capitato di suggerire ai pazienti, in queste settimane, anche di guardare alcuni film tra
cui “Il profumo del mosto selvatico”, film che permette alla protagonista di ritrovare radici profonde
fatte di tradizioni e affetti lontani, ho suggerito poesie diJ. Prevert che suscitano il profumo dei ricordi
per riaprire nel paziente momenti di gioia personale.
Con diverse tecniche Funzionali ho lavorato sulla necessità dell’altro, sull’empatia che è fiuto senza
parole. Per evitare che nell’impedimento del contatto corporeo la persona potesse avere sensazione
di distacco e isolamento ho condotto tecniche di contatto con gli occhi, di messaggio e massaggio
con gli occhi anche con l’uso della mascherina. Ho aiutato a stabilire legami non unicamente con il
contatto fisico. Ho lavorato sulle sensazioni senza parole con tecniche di rispecchiamento di
espressioni tipiche. Ho lavorato sulla capacità anche di chiedere aiuto. Ho usato Immaginazioni
guidate sul ritornare indietro nella vita e ritrovare sensazioni in cui si è ricevuto aiuto o conforto.
Indago se la persona mantiene nella vita adulta il gioco anche come attitudine a sdrammatizzare.
Esistono correlati psicofisiologici del gioco e della risata: il ritmo del respiro diventa beneficamente
eccitato ma senza agitazione, si producono endorfine, dopamina e serotonina e quindi si prova meno
dolore sia fisico che psichico, diminuisce rabbia e aggressività, migliora il sonno perché il gioco porta
distensione muscolare e l’eccitazione che esso procura è una sorta di scarica delle tensioni
accumulate. Il gioco blocca il circuito della rabbia, della tristezza e della paura con effetti positivi sul
senso di panico, stimola anche l’autoprotezione e l’autoefficacia ed è contagioso a livello sociale,
cioè induce riposte e feedback positivi sociali (si è più apprezzati dagli altri). Provo a stimolare questa
capacità suggerendo la visione di un film comico, o ad inventare una barzelletta, o ad ironizzare su
un proprio difetto; ma cerco anche di moderare una esasperazione di tale modalità.
Questa un po’ in sintesi la mia esperienza di psicoterapeuta Funzionale anche io in quarantena durante
3 mesi di covid-19.
Rosa Iannone Psicologa Psicoterapeuta Funzionale
(Docente e Responsabile allievi Scuola Europea Psicoterapia Funzionale sede Napoli)
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