L’attacco di panico: un’improvvisa esplosione di sensazioni fuori controllo
Qualsiasi terapeuta si è imbattuto nel paziente con attacco di panico.
Se lo psicologo di riferimento è un giovane collega, che non ha ancora l’ossatura di una valida teoria di riferimento alle spalle, rischia di avere un “attacco di panico da panico” di un paziente considerato difficile.
Coinvolgimento affettivo del terapeuta “debordante”, che riversa sul paziente la propria ansia.
Si rende assolutamente necessaria una griglia di lettura del funzionamento umano e del disagio, da qui deriva anche la conoscenza dei propri funzionamenti.
Le emozioni del terapeuta diventano in tale ottica uno strumento.
Collegarci al vissuto del paziente non significa e non diventa fonderci al suo disagio ma comprenderlo, aiutarlo, guidarlo.
Se la persona che si rivolge a noi non ha mai avuto una guida allora sarà difficile entrare in questa relazione. Dobbiamo essere consapevoli di questa difficoltà.
Se facciamo riferimento ad una teoria come quella del Neofunzionalismo questa ci condurrà a fare una terapia per il recupero di Esperienze Basilari del Sé che non sono state ben attraversate e ricucire i tessuti psichici lacerati.
E’ anche da considerare che nella società odierna il DAP (disturbo da attacco di panico) è sostenuto e aggravato da una condizione di ansia, di iperstimolazione, di sollecitazioni alla velocità e all’attenzione multipla che la società attuale impone.
Cosa vive la persona durante un attacco di panico?
“Dottoressa mi aiuti mi sento morire o impazzire“. Frase tipica che in poche battute esprime l’angoscia che solo la persona affetta da attacchi di panico conosce.
Anche se apparentemente la persona durante l’attacco di panico partecipa alla situazione esterna, in realtà, ne è separato da un velo su cui scorrono emozioni e sensazioni senza riuscire ad afferrarle. Il paziente è in un involucro tutt’altro che protettivo dove ciò che penetra è pauroso e resta intrappolato. Le emozioni sono di morire, impazzire, disintegrarsi.
Le sensazioni sono esplosive con sintomi di vertigini che indicano un controllo eccessivo dell’organismo che non regge più e “crolla nella capacità di controllare” .
Tremori, tachicardia sono indice di stato cronico di paura.
Vista annebbiata e appannamento della vista con disorientamento sono dovuti a stato di esauribilità psicofisica.
In genere nella storia di queste persone si annidano paure antiche e profonde, e carenza antica di protezione e di buon accudimento per cui si consolida la sensazione che bisogna fare tutto da soli e di dover mantenere molta circospezione, tali condizioni hanno così alzato lo stato di vigilanza, di controllo.
Ciò conduce a due ovvie conseguenze: uno stato di rabbia ingoiato e chiusura delle sensazioni, che vengono anestetizzate per “non sentire cose paurose”.
Il funzionamento del controllo ad un certo punto si spezza, e dà luogo a buchi e crolli, da qui nascono i sintomi.
Le Sensazioni sono uno dei punti centrali per comprendere il terreno su cui si radica la patologia. Le Sensazioni nella storia di questi pazienti sono state per lungo tempo bloccate, non sentite, addirittura anestetizzate. E questo perché nella storia di questi pazienti si ritrovano due condizioni: o situazioni e atmosfere di grande pericolo, o condizioni familiari di caos e confusione (parlare non chiaro e non diretto, cose non dette o dette a metà).
Secondo la teoria del Neofunzionalismo, infatti, il nucleo centrale della sindrome del DAP è l’esplosione di una paura che nasce dal riemergere di sensazioni per molto tempo anestetizzate e bloccate, che vengono perciò percepite come qualcosa di spaventoso, come un meccanismo interno che si è rotto.
Si potrebbe dire che il DAP è un cortocircuito tra:
Paura – Esplosioni di Sensazioni chiuse – Capacità logiche ridotte
Funzioni che si alterano nel DAP
In chi soffre di attacchi di panico si altera la struttura del tempo, un dilatarsi del momento attuale con la sensazione che la crisi non finirà mai.
Si perde buona dose della Capacità logica, si assiste ad una incapacità a valutare in modo logico e razionale sia gli eventi esterni sia quello che sta accadendo all’interno del proprio organismo. Il Controllo e la Concentrazione perdono mobilità e modularità, la possibilità, cioè, di adeguarsi alle situazioni che si presentano e di adattarle al contesto.
Si affacciano alla mente Fantasie spaventose, collegate alla paura di poter stare male.
I ricordi sono polarizzati su quelli degli attacchi. Anche i Sogni spesso nei DAP indicano situazioni di pericolo, proprio perché la persona si allontana dalle proprie sensazioni quindi i suoi sogni rappresentano situazioni di pericolo in cui lui è un osservatore passivo.
L’immagine di sé si svalorizza. La Progettualità è ridotta per il dilagare della paura circa il proprio stato.
Le Paure e le preoccupazioni occupano la maggior parte del proprio mondo emotivo e si ripresentano in modo ossessivo anche staccate dalle reali circostanze. Dubbi e indecisioni impediscono di fare scelte producendo uno stato di stallo. La Gioia è risucchiata dall’angoscia e dalla paura, emerge un senso di nostalgia per un passato in cui non c’era lo stato di ansia.
Le Posture sono chiuse e trattenute come a controllare l’ansia e l’angoscia. I Movimenti sono o rallentati o esageratamente agitati a seconda che sia in atto in quel momento la crisi oppure la persona si trovi nella fase di scoraggiamento e di umore abbattuto.
A livello fisiologico l’organismo rimane in uno stato di simpaticotonia quasi permanente a causa di una condizione di allerta continua.
DINAMICA del disturbo DAP
In pratica come si instaura e si innesca un disturbo da attacco di panico?
Nella storia della persona che ha vissuto in un contesto di paura diffusa (continui e gravi litigi ad esempio tra genitori, angosce di perdite continue, atmosfere di paure dovuti a magie, malocchi …) o di confusione (urla continue, vocii di troppe persone, cose spaventose fatte intuire ma non spiegate …) il bambino viene incapsulato in una solitudine di fatto senza protezione o allenze.
In queste circostanze c’è una funzione dell’organismo fondamentale che si altera: è il Respiro. Perde la capacità di essere calmo e diaframmatico e diventa alto e trattenuto, tipico degli stati di paura. Il respiro assume la caratteristica di rimanere paralizzato e sospeso durante gli stati di paura in attesa che il pericolo passi. Il diaframma tende a fermarsi e il respiro diminuisce di intensità, un metaforico tentativo dell’organismo per non farsi né sentire né vedere.
Questa modalità di respiro produce per il collegamento del diaframma con i centri del sistema neurovegetativo un’anestesia delle sensazioni corporee che in uno stato di paura risulterebbero paurose e dannose per la persona. Ripetendosi tali condizioni di pericolo nella vita di quel bambino, il respiro diventerà cronicamente alterato, e le sensazioni finiranno per diventare anestetizzate e non più riconoscibili soprattutto quando riemergeranno con maggiore forza proprio negli attacchi panico.
Il Sistema neurovegetativo si stabilizza cronicamente sul braccio della simpaticotonia, una condizione, cioè di vigilanza e di allarme.
Considerazioni terapeutiche
A tale descrizione di Funzionamenti in gioco e di dinamiche funzionali che si intrecciano possiamo far seguire alcune considerazioni terapeutiche.
Innanzitutto è fondamentale per il terapeuta l’aver fatto un buon lavoro su di sé per riuscire a tenere ben separate l’angoscia del paziente dalla propria.
Aver ben chiaro ciò che accade alla persona con l’attacco di panico seguendo i fili rossi delle sue esperienze pregresse.
Evitare inutili ed eccessive spiegazioni di tipo razionale dal momento che non si tratta di un crollo delle sue capacità intellettive, pur aiutandolo in una graduale comprensione del suo stato.
Accogliere con amorevolezza, rispetto e protezione la sua angoscia.
I punti centrali di una terapia dovrebbero senz’altro consistere nel recuperare la protezione, riaprire poco per volta le sensazioni chiuse e terrifiche, chiarirle, ripulirle, riportare il paziente ad un controllo morbido … senza mai trascurare un lavoro sulla respirazione diaframmatica profonda, tipica della calma e foriera di vero benessere.
Usiamo la psicoterapia come Arte!
Arte di saper comprendere, arte di saper aiutare,
arte di saper vivere.
Arte di riaprire i colori dell’animo della persona che si rivolge a noi
e portarli ad intingere in questi colori
per ridipingere al meglio la loro vita.
R.I.