L’ apparenza sembra l’essenza. Una libellula ci mostra una diversa via
Macchine lussuose, suppellettili appariscenti, lustrini, paillettes, strass, sembrano esorcizzare la povertà dei nostri tempi.
Entriamo in possesso di oggetti, feticci, idoli per tentare una gioia fasulla, ma non siamo più in grado di provare la vera gioia, di uscire dalla miseria.
Si parla troppo di benessere, svuotando di un reale significato tale bisogno, tale esperienza.
Siamo ormai staccati dalle nostre sensazioni profonde.
Anche le sensazioni ci vengono indotte: il consumismo grida all’utilizzo immediato e veloce.
Siamo accelerati, siamo agitati, siamo nella smania di una ricerca senza un vero scopo.
Il respiro è affannoso, la muscolatura tesa, contratta sempre pronta ad un’azione, spesso non finalizzata, i pensieri corrono, le fantasie sono angosciose e per rimuoverle talvolta si fissano su vacue luci variopinte.
Ma una libellula ci dà una lezione.
Eterea, quasi senza apparenza, il corpo esile, le ali impercettibili, quasi inconsistente, si poggia e proietta la sua ombra capovolgendo il concetto dell’apparire.
L’ombra della piccola libellula ha una consistenza, una compattezza, uno spessore, un “peso” al di là dell’apparenza.
Mi viene da riflettere che un percorso di psicoterapia può e deve restituire solidità, valorizzazione di sé, deve riconnettere alla reale, originaria esperienza del Benessere.
Un passaggio obbligato nelle nostre vite, ma soprattutto nell’ambito di una psicoterapia, ma anche in progetti di prevenzione rispetto al malessere che l’individuo come la società stanno vivendo.