“Così ti dimentico!” La manipolazione dei ricordi
Nella pratica psicoterapeutica mi è capitato di assistere ad un fenomeno che definirei la “manipolazione dei ricordi”.
Da casi clinici trattati risulta che spesso dopo una situazione dolorosa, in particolare in casi di separazione coniugale o di chiusura di una storia, c’è una fase in cui i ricordi vengono rielaborati, riplasmati in nuovi significati.
Una prima fase dell’uso del ricordo è dedicata alla rievocazione dei vari eventi e accadimenti, in tal caso pura rievocazione, anzi ricordi che arrivano come flash improvvisi e come ricerca meticolosa di essi. All’inizio si ricorda “per ricordare” e man mano per attribuire nuovi significati. L’operazione passa dall’essere più emotiva all’essere più razionale. Si cerca un nuovo contenuto al proprio comportamento ed a quello del partner, un nuovo senso, più attento al dettaglio, più accusatorio. La continuità positiva viene sottoposta ad una “correzione”. Non si tratta della ricerca di oblio allo scopo di soffrire meno ma di una rivisitazione del senso delle proprie e/o altrui azioni.
Questa manovra sui ricordi può essere ritenuta un meccanismo di difesa, una via di uscita, magari in chiave schizofrenica dai propri ancoraggi emotivi.
Vista con l’ottica di un’autocritica potrebbe anche giovare se sostenuta terapeuticamente.
Ma la persona che affronta da sola la fase di riflessione, cambiamento, riconsiderazione di un passato è portata in alcuni casi a riplasmare la realtà, il senso di quell’azione in quello specifico momento, in quello specifico sentire. Ma tale manipolazione potrebbe già essere segno di un cambiamento nella nuova fase storica personale?
Di fatto da soli si possono facilmente perdere le coordinate, calarsi in vissuti mai esistiti per meglio adattare al momento presente ciò che è accaduto, ciò che fu.
Bisogno di valutazione reale? O rabbia strisciante distruttiva seppur celata sotto la veste di una apparente calma razionale?
“Mettere a posto le cose”, qualche paziente ha definito così tale rimaneggiamento.
La scala degli eventi stressanti della vita di Holmes e Rahe pone al 2° e 3° posto l’evento “divorzio” e l’evento “separazione” attribuendo a tali eventi un’intensità di stress elevata.
Tenendo conto dell’impatto, quindi, di tali eventi sulla sfera emotiva, e non solo, di una persona, la distorsione cognitiva, emotiva del ricordo, cambia la trama dell’evento, frutto di una ri-elaborazione successiva dell’episodio stesso.
La ricostruzione del ricordo, in condizione di stress subisce influenze emotive che non attengono al momento in cui l’evento si svolgeva, uno stress eccessivo può portare anche ad uno stato di dissociazione. Il significato originario dell’evento si mescola con il senso eroso di sé.
Una psicoterapia secondo il mio modello teorico (modello Funzionale), che esula dagli eventi e dai contesti specifici, e si propone di andare a guardare i Funzionamenti a monte, ritiene in tali casi necessario lavorare sul riequilibrio fra il piano cognitivo e il piano emotivo, che appaiono scissi.
Il lavoro terapeutico verterà sui Funzionamenti del Dare e del Ricevere, dell’Essere visti e apprezzati, sulle Sensazioni come capacità di conoscere sè stesso e percepire l’altro.
L’intervento terapeutico verterà inoltre sulla capacità di amare sé stessi, autoconsolarsi alla fine di un rapporto, sul saper continuare a progettare e a desiderare il proprio futuro e una nuova possibilità di relazione, usare la vera Forza, quella calma, per affrontare e fronteggiare le situazioni difficili, dolorose.
Si lavora in terapia sul consolidare la consistenza personale, se appare erosa dalla fine di un rapporto, sul potenziare la capacità di autonomia come capacità di separarsi, distaccarsi dall’altro e non rimanerne dipendenti e anche sul saper conservare ricordi che appartengono alla propria storia, alla propria autobiografia.
La mistificazione, quindi, dei ricordi non è la strada né per il cambiamento né per stare meglio.
È un inganno, una distorsione cognitiva ed emotiva per far fronte in modo non corretto alle nostre fragilità e debolezze.
L’uomo spinto nell’oblio perde la propria identità, la propria storia, e la propria intera esistenza perde di significato.
Dalla letteratura riceviamo un accattivante invito delle sirene nell’Odissea: il mortale e dolce oblio. Ulisse, invece, avverte i compagni dell’utilità della conoscenza: essere consapevoli dei pericoli serve ad affrontarli. E così adottando strategie protettive (mette della cera nelle orecchie dei compagni e si fa legare all’albero della nave) mostra la voglia di conoscere e di sapere.
Dai contributi delle neuroscienze ci arrivano studi e ricerche sui ratti di manipolazioni di aeree cerebrali al fine di ripulire dai ricordi spiacevoli il cervello.
Ma una tale resezione aiuterebbe veramente a stare meglio?
Il mio parere da psicoterapeuta è quello di non sfuggire al dolore di un ricordo ma di affrontarlo, superarlo e uscirne nuovi.
La psicoterapia fornisce infatti l’opportunità di una esperienza correttiva, di rielaborare ma non contraffare né il ricordo, né la nostra identità, né la nostra storia.